lunedì 28 giugno 2010

Non lasciare il Ricordo (dhikr) per il fatto che non hai presenza in esso, di di Shaykh Isma'il

Dice Sidi Ibn ‘Atā Allah Al-Iskandarī: «Non lasciare il Ricordo per il fatto che in esso non hai presenza con Allah: il tuo esser dimentico del Suo Ricordo è cosa ben peggiore del tuo esser dimentico ‘nel’ Suo Ricordo. Infatti, può ben darsi che Egli ti elevi dal Ricordo con la dimenticanza, al Ricordo con l’esser desto; e dal Ricordo con l’esser desto al Ricordo con la presenza; e dal Ricordo con la Presenza al Ricordo con il sottrarsi a ciò che è altro che il Ricordato. E questo non è certo difficile per Allah».
I gradi del Ricordo (dhikr) sono tre: Ricordo della lingua; Ricordo del cuore; Ricordo del segreto. I gradi del cammino si differenziano sulla base della differenza tra i livelli del Ricordo.
Coloro che sono all’inizio della Via ricordano con la lingua.
Coloro che sono in mezzo al cammino ricordano nel cuore.
Coloro che sono al termine della Via, ricordano nel segreto.
Il motivo di questa suddivisione in tre gradi sta nella grazia contenuta nelle parole dell’Altissimo «Iddio non imporrà a nessun’anima pesi più gravi di quel che possa portare. Quel che si sarà guadagnata sarà a suo vantaggio e quel che si sarà guadagnata sarà a suo svantaggio» (Cor. II, 286). Coloro che sono all’inizio della Via possono ‘sopportare’ solamente il Ricordo con la lingua, perché non sono in grado di reggere il Ricordo del cuore, mentre la ‘gente della Via’ ricorda nel cuore perché non è in grado di reggere il Ricordo nello spirito e nel segreto.
Dunque, come dicevamo coloro che sono all’inizio della Via ricordano con la lingua. [Rivolgendosi implicitamente a loro,] il sapiente sufi Ibn ‘Atā Allah Al-Iskandarī dice: «Non lasciare il Ricordo per il fatto che in esso non hai presenza con Allah». In queste parole v’è un incoraggiamento a chi è all’inizio della Via, a che rimanga legato al Ricordo anche quando, mentre ricorda, non è presente in Lui. E infatti prosegue dicendo: «Può ben darsi che Egli ti elevi dal Ricordo con la dimenticanza, al Ricordo con l’esser desto».
In considerazione comunque del fatto che la radice (asl) di questi tre gradi è il Ricordo con la lingua, il nostro Maestro, Al-Madānī, dice: «Quando l’adepto (murīd) è agli inizi, sulle prime il Ricordo è accompagnato dalla dimenticanza; dopo di che la benedizione del Ricordo penetra dalla lingua al cuore, ed egli inizia a ricordare nella Presenza. Ecco allora che il Ricordo penetra dal cuore al segreto, ed egli inizia a ricordare nel segreto». Infatti, all’inizio l’adepto non riesce a ricordare con la Presenza. Conseguentemente, egli ha il compito di aumentare la quantità del Ricordo nel Nome, smettendo di pensare se si trovi o meno nella Presenza: Aumenta la quantità del dhikr, e non darti pensiero! Così come non preoccuparti se riesci o meno a raffigurare le lettere [che compongono il Nome Allah], e a precisarle (tashīs). Dunque, dà buone radici al Ricordo, così che Allah ti conceda la grazia si modificare il tuo stato transitorio (hal), dal Ricordo accompagnato da dimenticanza al Ricordo con la Presenza, e tu stessi ti trasformi, passando dalla stazione spirituale (maqām) della fede, a quella della certezza.
Molti fratelli si lamentano del fatto che quando fanno il dhikr manca la Presenza con il Ricordato. Noi diciamo: il Ricordo è un mezzo, non un fine. Per i devoti invece, il dhikr è un fine. Essi è come se avessero un certo rito da compiere (wird): una volta avendolo compiuto, la cosa per loro è conclusa, e questo perché il loro fine è la ‘ricompensa’. Ora, non v’è dubbio che a tutti coloro che ‘ricordano’ spetti una ricompensa. Tuttavia, i Sufi non si fermano a questo: per loro il dhikr è un mezzo per altre cose.
Dice l’Altissimo: «O voi che credete: invocate Iddio, invocateLo molto» (Cor. XXXIII, 41). Così, da colui che è all’inizio della Via si richiede che faccia ‘molto’ dhikr con la lingua: nella sua condizione tale Ricordo è un mezzo, mentre il fine è arrivare al Ricordo del cuore, e il fatto di fare ‘molto’ dhikr si riferisce in effetti ad una ‘quantità’ indefinita, ed è per questo che Allah, sia gloria a Lui, non fissa alcun limite (di tempo, di luogo o di condizione) alla quantità del dhikr. Dev’essere un Ricordo ‘incondizionato’ nel numero, così che colui che lo esegue non dica “Sono arrivato al numero prefissato”. Ogni numero infatti ha un altro numero che lo supera. In questo modo, chi ricorda si vede inevitabilmente mancante, e si mette al lavoro di buona lena, cercando la quantità. La quantità inoltre non viene limitata da un qualche luogo, o numero, o definizione, o tempo, e questo affinché l’iniziato non possa dire “Non posso fare il dhikr in questa tale condizione”. E ancora, non v’è limitazione di condizione, così che il murīd non dica “Non ho Presenza: perché allora dovrei fare dhikr?”, arrivando così a lasciare il Ricordo.
Ora, il Ricordo con la Presenza non è cosa facile, e necessita molto dhikr. Dice l’Altissimo: «Invoca dunque il Nome del Signore e votati a Lui devoto, il Signore dell’Oriente e dell’Occidente, non v’è altro dio che Lui: Lui scegli tu a patrono! E paziente sopporta quel che dicono e allontanati da costoro dignitoso» (Cor. LXXIII, 8-10). Il Ricordo e la Presenza sono grazie divine, e non dipendono dall’opera; così, l’uomo non è assolutamente in grado di arrivare con l’opera, e ciò che lo fa arrivare è il favore di Allah. […] Per questo sono necessari il Ricordo, l’orientamento (tawaggiuh), l’allontanare i pensieri disturbanti (khawātir), smettendo di darsi pensiero per la precisazione [delle lettere]. Il murīd non deve trattenersi dal Ricordo per la difficoltà a precisare.
[Dice dunque Ibn ‘Atā Allah]: «Non lasciare il Ricordo per il fatto che in esso non hai presenza con Allah: il tuo esser dimentico del Suo Ricordo è cosa ben peggiore del tuo esser dimentico ‘nel’ Suo Ricordo. Infatti, può ben darsi che Egli ti elevi dal Ricordo con la dimenticanza, al Ricordo con l’esser desto». Quello che si richiede dunque è perseverare a lungo nel Ricordo, così da facilitare la ‘precisazione’. Sì, magari il neofita potesse ‘precisare’ subito le lettere! Se però questo gli risulta difficile, non deve lasciare il Ricordo, ma anzi deve collegarsi ad esso respingendo i pensieri disturbanti (khawātir), sino a che Allah non fa sì che il Ricordo con la lingua si trasformi in Ricordo col cuore.
Alla nuvola del bene appartiene un pioggia,
e quando viene il tempo favorevole, tu arrivi.
Allora, l’iniziato si trova a ricordare con la Presenza, e a ricordare molto, dopo che aveva ricordato poco.
Nelle Hikam, Ibn ‘Atā Allah dice: «Se Egli ti apre un orientamento (wijha) che fa parte del farsi conoscere (divino, ta‘arruf), non ti preoccupare se nello stesso momento la tua opera diminuisce. Egli infatti ti ha dato questa apertura per farsi conoscere da te. Non sai che il ‘farsi conoscere’ è il Suo pervenire a te, mentre le opere sono una tua offerta a Lui? E come si può paragonare la tua offerta a lui con il Suo pervenire a te?»
L’uomo non è in grado di giungere a un qualsiasi grado spirituale, o livello, senza che sia la provvidenza divina a prendersene cura. L’opera dev’essere compiuta, assolutamente, solo che non si deve fare affidamento su di essa. L’Inviato di Dio, su di lui la preghiera e la pace divine, disse: «Nessuno viene fatto entrare in Paradiso per la sua opera». Gli dissero: «Neppure tu, Inviato di Dio?» Rispose: «Neppure io, sennonché Allah mi ha protetto col Suo favore e con la Sua misericordia». (Lo tramanda Al-Bukhari). E l’Altissimo dice: «E se non fosse per il favore di Dio su di voi e la Sua misericordia, di voi neppur uno sarebbe puro giammai, ma Iddio purifica chi Egli vuole e Dio è ascoltatore sapiente» (Cor. XXIV, 21) […]
Si deve fare il dhikr senza interruzione, con sforzo e impegno, e il Ricordo discenderà dalla lingua al cuore, rafforzando la fede sino a farla diventare certezza. E il ricordare molto se riferito al dhikr con la lingua indica la quantità. C’è comunque una differenza di opinioni per quanto riguarda il molto; alcuni pensano ad una ‘quantità’ riferita al Ricordo della Presenza, o del cuore, pensando al versetto in cui è detto «Quando si levano per la Preghiera, si levano pigramente e solo per farsi vedere dalla gente, e non invocan che poco il nome di Dio» (Cor. IV, 142), e si intende il dhikr della dimenticanza. Altri invece pensano ad un molto di sostegno spirituale (madad).
Per quanto riguarda me, io penso che dall’iniziato che è nella stazione spirituale della ‘fede’ si richieda un molto quantitativo, e non di sostegno spirituale, e questo per il semplice motivo che egli non è in grado di effettuare il dhikr del cuore. Se invece è nella stazione della fede, il molto sarà un molto di ‘sostegni’ e non di numeri, dato che a quel livello parla, per mezzo della Presenza, con Allah. In un tale stato il Ricordo del cuore è un mezzo, e lo scopo è il trasferimento al Ricordo del segreto, il ché è l’obiettivo che intende l’autore delle Hikam, quando dice: «(E può darsi che elevi) dal Ricordo con la Presenza al Ricordo con il sottrarsi a ciò che è altro che il Ricordato. E questo non è certo difficile per Allah». E questo perché è continuamente con il Ricordato, e Lo osserva in ogni luogo, in ogni condizione, in ogni tempo, presente nell’Essenza, nelle azioni e negli attributi. Dice il Profeta, secondo quanto è riportato da Al-Bayhaqī: «La meditazione di un’ora è meglio dello star levati una notte intera». La meditazione infatti si può intendere come un’adorazione del cuore. E il nostro Tutore, Potente ed Eccelso, dice: «O voi che credete: invocate Iddio, invocateLo molto» (Cor. XXXIII, 41). Coloro invece che sono nella stazione spirituale della certezza, il loro dhikr è un Ricordo di aiuto divino nello stato spirituale (dhikr madadī bi l-hal): non ha forma, e non può essere misurato.
Ora, il cammino nello stato spirituale della certezza avviene con la Presenza con Allah. Ma quando viene la dimenticanza, si deve lasciare il dhikr? No, naturalmente. La perseveranza nel dhikr infatti allontana da te la dimenticanza del Ricardato, al punto che si testimonia l’esistenza di Colui della cui esistenza si era certi. Non lasciare il Suo Ricordo perché non hai Presenza con Lui, nel senso che il tuo cuore non ha Presenza con Allah. La benedizione del Ricordo infatti penetra, e si diviene ‘ricordanti’ e ‘presenti’ con Allah nello stesso momento.
A proposito delle parole «non ricordano Allah se non poco», alcuni dicono: il ‘poco dhikr’ è il dhikr fatto con la dimenticanza: anche se quantitativamente fosse ‘molto’, e qualsiasi cosa ‘donasse’, si interpreta comunque come ‘poco’. Viceversa, il ‘molto’ è il dhikr fatto con il cuore ‘presente’ al Ricordato, anche se fosse quantitativamente ‘poco’. Quello che penso io si basa sulle parole dell’Altissimo «Iddio non imporrà a nessun’anima pesi più gravi di quel che possa portare. Quel che si sarà guadagnata sarà a suo vantaggio e quel che si sarà guadagnata sarà a suo svantaggio» (Cor. II, 286). La differenza d’opinione si basa comunque sul fatto che chi è all’inizio della Via non è in grado di compiere il Ricordo con la Presenza. Infatti, una tale imposizione (di ricordare con la Presenza) sarebbe al di sopra delle forze: e un’imposizione al di sopra delle forze, benché possibile, non può aver luogo. Così, il murīd deve dunque compiere con la lingua molto dhikr, nel senso della quantità, sino a che la provvidenza divina non lo trasferisce dal Ricordo con la lingua al Ricordo col cuore, e in quel momento ha luogo un ‘molto’ di presenza col Ricordato. Così, il dhikr con la Presenza è ‘molto’, anche se fosse poco, mentre il dhikr con la dimenticanza è poco, anche se fosse molto. E «non ricordano Allah se non poco». Ecco, basandoci su questo noi richiediamo al murīd di ricordare il Nome senza limitarne la quantità, dato che Dio stesso non ne limita la quantità quando dice «O voi che credete: invocate Iddio, invocateLo molto»: non limita il ‘molto’ del dhikr, né come numero, né come condizione, né come luogo, né come tempo, né in nessun altro modo.
Per quanto riguarda poi il dhikr del segreto, è riservato a coloro ai quali Allah concede l’estinzione in Lui e la permanenza per mezzo Suo. E il loro dhikr non è sottoposto ad alcuna restrizione.
Gli iniziati hanno con l’Amato un segreto che non ha alcun limite,
e che nessuno al di fuori dell’Amato può contare.
In altre parole, le loro opere non si possono valutare, e non hanno alcuna limitazione. Non possono essere comprese né da un angelo che le scriva, né da un demone che le corrompa. Il valore delle loro adorazioni non lo conosce altri che Allah, e solo Allah è in grado di ripagarli. «Egli pagherà la loro mercede ai pazienti, senza misura» (Cor. XXXIX, 10). Grazie a Dio, è dal 1949 che io, in questo paese, chiamo Allah, e Lui solo. I peccati e le disobbedienze hanno influenza sui tutti e tre le stazioni spirituali descritte.
Tutto il Tasawwuf è educazione spirituale. Il Sufi porta un nome imponente. L’ottenimento è compito di chi è davvero intelligente. Che Allah sostenga noi e voi, e migliori il nostro stato, nella Religione e nel dunya. E fai godere tutti della Presenza nel dhikr in tutti i gradi.
Signore, assistici tutti, che possiamo essere nel novero di coloro che rispettano il Patto, e sono veritieri nella promessa.
Amen

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venerdì 25 giugno 2010

Ascolta la canna

Ascolta la canna, come racconta e come si lagna della separazione…
Chi è dunque la canna? Colui che dice ad ogni istante:
Io non sono che un’onda nel mare della Preesistenza.
Dell’esistenza mia, come canna mi sono svuotato,
E d’altri, all’infuori di Dio non ho notizia.
Uscito fuori di me stesso e fisso in Dio,
la veste dell’esistenza mia ho lacerato d’un tratto.
Ero inquieto e la quiete mi venne da Dio;
ora esterno soltanto ciò che Dio mi ha ispirato.
A quel labbro confidente mi sono identificato,
e al labbro mio non porto se non ciò che Quello ha profferito.
Nella mia voce trova espressione la parola di Dio,
sia Corano, siano Salmi o Vangelo.
Al suono del mio strumento danzano la sfera celeste e le stelle,
agli angeli viene dalla mia voce la lode.
Di quanto è caduto lontano per sorte malvagia
sono io che dò notizia ad alte grida,
e a chi è seduto tra le fila degli Intimi
a quello mormoro basso segreti all’orecchio.
Ora esprimo l’afflizione del distacco dell’Amico,
e ai disperati imprimo nell’anima il marchio;
ora porto la buona novella dell’Intimità e dell’Unione,
e son io che ben cento trasporti concedo ai beati.
Sono quello che spiega la Via delle leggi,
e sono quello che le verità rende chiare.
Quanto v’è in me di saggezza da effondere in versi od in prosa
altro non è che la mia bella melodia,
e di questa mia dolce vivificante armonia
il Masnavî in sei volumi è una voce.
Però serve occasione propizia e lunga vita
perchè io parli più a lungo del mio stato,
e non potendo giungere al fine di questo mio dire,
io del silenzio il sigillo alla bocca mi premo.

Rumi

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Ascolta il ney

Ascolta il ney , com’esso narra la sua storia,
com’esso triste lamenta la separazione:
Da quando mi strapparono dal canneto,
ha fatto piangere uomini e donne il mio dolce suono!
Un cuore voglio, un cuore dilaniato dal distacco dall’Amico,
che possa spiegargli la passione del desiderio d’Amore;
Perché chiunque rimanga lungi dall’Origine sua,
sempre ricerca il tempo in cui vi era unito.
Io in ogni assemblea ho pianto le mie note gementi
compagno sempre degli infelici e dei felici.
E tutti si illusero, ahimè, d’essermi amici,
e nessuno cercò nel mio cuore il segreto più profondo.
Eppure il segreto mio non è lontano, no, dal mio gemito:
sono gli occhi e gli orecchi che quella Luce non hanno!
Non è velato il corpo dall’anima, non è velata l’anima dal corpo:
pure l’anima a nessuno è permesso di vederla.
Fuoco è questo grido del ney, non vento;
e chi non l’ha, questo fuoco, ben merita di dissolversi in nulla!
E’il fuoco d’Amore ch’è caduto nel ney,
è il fervore d’Amore che ha invaso il vino (mey ).
Il ney è compagno fedele di chi fu strappato a un Amico;
ancora ci straziano il cuore le sue melodie.
Chi vide mai come il ney contravveleno e veleno?
Chi come il ney mai vide un confidente e un’amante?
Il ney ci narra d’un sentiero tutto rosso di sangue,
ci racconta le storie dell’amor di Majnun:
Solo a chi è fuori dai sensi questo senso ascoso è confidato
la lingua non ha altri clienti che l’orecchio.
Nel dolore, importuni ci furono i giorni,
i giorni presero per mano tormenti di fuoco;
Se i nostri giorni passarono, dì: Non li temo!
Ma Tu, Tu non passare via da Noi, Tu che sei di tutti il più puro!
Ma lo stato di chi è maturo nessun acerbo comprende;
breve sia dunque il mio dire. Addio!

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ney-nāmè, il libro del flauto


La parola persiana نى (ney) significa prima di tutto ‘canna’ e, di qui, ‘flauto’, ‘piffero’. Ecco perché è normale, per un persiano, che, all’inizio del Masnawī di Rūmī, la canna separata dal canneto che si lamenta della sua separazione produca un suono che è definito ‘dolce’.
Ma il persiano نى (ney) è anche una negazione ‘no’ e, vocalizzato nay-, ‘non’, come in نيانداخت (nay-andākht) ‘non gettò’: da qui una proliferazione del senso che si riflette in una pluralità di interpretazioni, tutte plausibili, attraverso le quali è stato possibile leggere e decifrare il ‘racconto di canna e del suo lamento’.

Dal libro Poesia dell’Islam, a cura di G. Scarcia (Sellerio, Palermo, 2004) vorrei qui trascrivere, a più riprese, la traduzione italiana di G. Scarcia e B. Scarcia Amoretti del ney-nāmè ( نى نامه), il ‘libro del flauto’, o ‘della canna’ (un’ezafè, per chi segue anche la sezione Lingua), il multiforme commento di Jāmī ai primi due versi del Masnawī di Rūmī.
“Valgano le parti in prosa quale annotazione ‘autentica’ dell’Autore stesso ai propri versi”.

Il libro del flauto

Amore altro non è che separazione, e noi non siamo che canna;
senza di noi non esiste amore un attimo solo, e noi senza amore non siamo;
canna, che di continuo si adorna di canto,
in verità se ne adorna per sospiro di separazione.

Ecco alcune righe, ora in prosa ora in versi, che vorrebbero chiarire in onestà di intenti e in forma esplicita e aperta il significato di canna e di racconto del suo lamento, espressioni che si trovano all’inizio del Masnawī di Mawlawī (detto ma‘nawī in quanto svela misteri essenziali), e sulle quali non ha brillato per taluni il raggio della comprensione.
Tu ne hai fatto omaggio alla maestà di chi si è distinto per grazie celesti e posizione eccelsa; e a mo’ di offerta lo hai elevato alla corte di chi si è innalzato per doti umane e per sante virtù.

Colui che, quando prendo a tesserne le lodi,
lascia interdetta la favella e muto l’intelletto.
Chi mai potrebbe tal nobile tema
Adornare con veste di voce e di parola?
A me non resta che affidare tale intento
alle cure di quella mente chiara,
sì che per sua virtù, nobiltà e sentimento,
oggetto di lode ei divenga tra gli Arabi e i Persiani.
Se il saggio non canta la lode del sole,
luce che splende è lode adatta al sole;
se all’elogio del muschio non s’apre il respiro,
basta al muschio chi loda il profumo del muschio;
e quando qualcuno non ha bisogno di lode,
la brevità è superiore al panegirico.

Faccia gioire Dio Altissimo i devoti della Sua nobile Corte per tutta l’Eternità, e ai custodi della Sua Soglia sublime conceda il godimento di incontrarLo.

La formica ha recato una zampa di locusta:
fa’ cosa degna di Salomone, augusto signore;
accetta da lei questo misero dono,
liberala da imbarazzo e paura!
Vergognoso e confuso di tale ardimento,
perdono a te chiede per questo suo gesto meschino.

La canna ben rappresenta coloro che hanno raggiunto l’Unione, e che nella perfezione si sono fatti perfetti: coloro che si sono allontanati da se stessi e dalla natura transeunte, e sono pervenuti alla Realtà persistente. Li rappresenta nel nome, perché questa parola viene usata talora a negare, ed anche essi si sono fatti negatori dell’esistenza accidentale e sono tornati all’Inesistenza originaria; li rappresenta poi nell’essenza, poiché come la canna si è svuotata di sé, e ogni nota e melodia, che ad essa aderisce, in verità non dalla canna proviene bensì da chi la possiede, così quella nobile accolta si è svuotata interamente di se stessa, e tutto ciò che la riguarda, siano azioni, costumi, qualità o virtù, viene da Dio (sia lode a Lui) che in loro si è manifestato: nel che essi non hanno che posizione di oggetto, ricettacolo di Manifestazione. Questo dice Mawlawī con il verso iniziale del suo Masnawī, volendo intendere coloro che si sono trasferiti in Dio e che in Lui permangono.

Ascolta la canna, come racconta,
e come si lagna della separazione…

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martedì 22 giugno 2010


Anche se mi ucciderete, anche se mi seppellirete, io risorgeró ancora!

Владимир Владимирович Маяковский

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martedì 15 giugno 2010

michelemmà - roberto murolo

lunedì 14 giugno 2010

I'm calling you Bagdad Cafe

domenica 13 giugno 2010

Consigli di Gurdjeff a sua figlia


Fissa la tua attenzione su te stessa.
Sii cosciente in ogni istante di ció che pensi, senti, desideri e fai.
Finisci sempre quello che hai iniziato.
Fai quello che stai facendo nel migliore dei modi possibili.
Non t'incatenare a niente che alla lunga ti distrugga.
Sviluppa la tua generositá senza testimoni.
Tratta ogni persona come se fosse un parente stretto.
Metti in ordine quello che hai disordinato.
Impara a ricevere, ringrazia per ogni dono.
Smetti di autodefinirti.
Non mentire né rubare, se lo fai, menti e rubi a te stessa.
Aiuta il tuo prossimo senza renderlo dipendente.
Non occupare troppo spazio.
Non fare rumore né gesti innecessari.
Se non la possiedi, imita la fede.
Non lasciarti impressionare da personalitá forti.
Non impossessarti di niente né di nessuno.
Distribuisci equitativamente.
Non sedurre.
Mangia e dormi lo strettamente necessario.
Non parlare dei tuoi problemi personali.
Non giudicare né discrimina quando non conosci la maggiorparte dei fatti.
Non stabilire amicizie inutili.
Non seguire mode.
Non venderti.
Rispetta i contratti che hai firmato.
Sii puntuale.
Non invidiare i beni o gli esiti del prossimo.
Parla solo di ció che é necessario.
Non pensare nei benefici che ti procurerá la tua opera.
Giammai minaccia.
Realizza le tue promesse.
In una disputa, mettiti nei panni dell'altro.
Ammetti che qualcuno ti superi.
Vinci le tue paure.
Aiuta all'altro ad aiutare sé stesso.
Vinci le tue antipatie ed avvicinati alle persone che desideri rifiutare.
Trasforma il tuo orgoglio in dignitá.
Trasforma la tua collera in creativitá.
Trasforma la tua avarizia in rispetto per la bellezza.
Trasforma la tua invidia in ammirazione per i valori dell'altro.
Trasforma il tuo odio in caritá.
Non ti lodare né ti insultare.
Tratta ció che non ti appartiene, come se ti appartenesse.
Non lamentarti.
Sviluppa la tua immaginazione.
Non dare ordini solo per il piacere di essere obbedito.
Paga i servizi che ti danno.
Non fare propaganda delle tue opere o idee.
Non cercare di risvegliare negli altri, sentimenti verso di te come: pietá, simpatia, ammirazione, complicitá.
Non trattare di distinguerti per la tua apparenza.
Non contraddire mai, solo taci.
Non contrarre debiti, acquista e paga subito.
Se offendi qualcuno, chiedigli scusa.
Se l'hai offeso pubblicamente, scusati in pubblico.
Se ti rendi conto di aver detto qualcosa di sbagliato, non insistere in quell'errore per orgoglio e desisti immediatamente dai tuoi propositi.
Non difendere le idee antiche, solo perché fosti tu chi le enunció.
Non conservare oggetti inutili.
Non decorarti con idee altrui.
Non fotografarti insieme a personaggi famosi.
Non rendere conto a nessuno; sii il tuo proprio giudice.
Non definirti mai per quello che possiedi.
Non parlare mai di te senza concederti la possibilitá di cambiare.
Renditi conto che niente é tuo.
Quando ti chiedono la tua opinione su qualcuno o qualcosa, di solamente le sue qualitá.
Quando ti ammali, invece di odiare quel male, consideralo tuo maestro.
Non guardare con la coda dell'occhio, guarda fisso.
Non dimenticare i tuoi morti, peró riservagli un luogo limitato che gli impedisca invadere la tua vita.
Nel luogo in cui vivi, riserva sempre un posto a ció che é sacro.
Quando realizzi un servizio non risaltare i tuoi sforzi.
Se decidi lavorare per gli altri, fallo con piacere.
Se dubiti fra fare e non fare, rischia e fa'.
Non trattare di essere tutto per il tuo compagno; ammetti che cerchi in altri ció che tu non puoi dargli.
Quando qualcuno ha il suo pubblico, non accudire per contraddirlo e rubargli l'audience.
Vive di soldi guadagnati da te.
Non ti invischiare in avventre amorose.
Non ti vantare delle tue debolezze.
Non visitare mai nessuno solo per riempire il tuo tempo.
Ottieni per distribuire.
Se stai meditando e arriva un diavolo, fai andare quel diavolo a meditare.

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sabato 12 giugno 2010

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lunedì 7 giugno 2010

Frecuencias curativas

http://revistadespierta.blogspot.com/2010/06/frecuencias-curativas-prohibidas.html

mercoledì 2 giugno 2010

Il Rabbino che disse le cose chiare

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