lunedì 11 febbraio 2008

pascal comelade


"Qualche tempo fa venni a conoscenza dell'opera di uno strano artista che, in tutta apparenza, pareva prendersi addirittura il fastidio di numerare le copie dei suoi propri dischi. Dischi particolari, che spesso riprendevano temi di autori insospettabili, da Kurt Weill a Tony Dallara, e li trasformavano in una partitura per congegno musicale. Conquistato dalla destrutturazione che egli operava della musica, cercai di ottenerne la collaborazione. Da allora però l'unica prova certa che mi pervenne della sua esistenza furono parole scritte su carta chimica. "Tutto ciò che riguarda l'Argot, la patafisica e il circo mi è caro", rispose su un foglio siglato con una spirale finale. Da quel momento ogni nostro ulteriore contatto avvenne soltanto per posta, compresa la sua partecipazione al disco Canzoni a manovella. Più tardi si presentò però l'occasione di un incontro. Il Festival di Mantova metteva a disposizione un luogo consono: il Teatro Scientifico Bibbiena, un'invenzione acustica inaugurata dal bambino prodigio W.A. Mozart. Tutto pareva ormai certo, ma a stretto giro di posta, una comunicazione annunciò l'impossibilità, per Comelade, di essere presente. Iniziai allora a dubitare della reale esistenza di questo geniale uomo, che si nutriva di cartoline, fax, spirali e dischi giocattolo. Un giorno però, di ritorno da una gita a Pamplona, ebbi occasione di visitare il Museo del Giocattolo di Figueras. La musica che accompagnava i visitatori era quella che ormai riconoscevo, era la petit musique di Pascal Comelade. Trasalii, chiesi informazioni, domandai... Mi dissero: "Comelade! Certo che esiste!" E per tutta prova mi venne mostrata una foto che lo ritraeva in una sua apparizione sonora. Fortificato da questa nuova testimonianza mi rifeci avanti... scrissi ancora e scrivendo mi espansi, profittando della lusinga di un invito e di un Premio da parte di un festival prestigioso, agognato a caso, dominato da un'intuizione occulta, mi allargai e invitai a mia volta... e infine pervenne una risposta, sempre in carta chimica. Era d'assenso! Diceva anzi: "E' ormai chiaro che non posso più rifiutare! Mandatemi i pezzi, per posta s'intende!" e ancora postscriveva un'ultima spirale. E allora come se mi fosse saltato al collo, compresi l'intima natura di quel segno che non si sa se abbracci o se strozzi, quando si ha la ventura di averlo addosso." (V. Capossela)