mercoledì 24 marzo 2010

Inno a Iside, di Apuleio


Tu, invero, santa e sempre pronta
a venire in soccorso di tutti gli uomini,
sempre generosa nei confronti dei mortali,
ai miseri in disgrazia accordi l’amore dolce della madre.

Neanche un giorno o una notte e neanche un solo momento,
per quanto breve possa essere,
passa privo della tua benedizione,
senza che tu protegga gli uomini in terra e mare
e offra la tua destra che offre soccorso,
allontanate le tempeste dell’esistenza,
grazie alla quale sciogli anche i lacci
inestricabilmente aggrovigliati di ogni destino,
calmi le tempeste della fortuna e arresti i crudeli corsi degli Astri.

Gli Dei superstiti ti venerano,
gli inferi ti onorano,
tu fai ruotare la sfera del cielo,
illumini il sole,
governi il mondo e calchi il Tartaro.

Grazie a te le stelle diventano propizie,
grazie a te tornano le stagioni,
gli Dei si rallegrano e gli elementi sono tuoi schiavi.
Ad un tuo cenno soffiano i venti, le nubi danno nutrimento,
i semi germogliano, i germogli crescono.

Gli uccelli che attraversano il cielo,
le fiere che si aggirano suoi monti,
i serpenti che si nascondono sul terreno,
i mostri che nuotano nel mare temono la tua maestà.

Ma le mie capacità sono troppo deboli
per far riecheggiare le tue lodi,
né sono così ricco da poterti offrire dei sacrifici,
né ho una così grande fecondia da poter dire
quelle cose che provo per la tua maestà,
né sarebbero sufficienti mille bocche ed altrettante lingue,
né una concatenazione senza fine di un sermone instancabile.
Pertanto cercherò di fare soltanto quello che invero può fare
uno che è devoto ma per il resto è povero:
contemplerò le tue sembianze divine e il tuo santissimo nume
riposti nei più segreti recessi del mio cuore custodendoli in eterno”.

Apuleio, Metamorphoses, XI, 25

Etichette: ,