lunedì 25 febbraio 2008


I Veda riguardano il dominio dei tre guna delle tre qualità o modi; ma tu dalle tre qualità diventa libero, o Arjuna; renditi libero dalle coppie degli opposti, col volere fermo alla somma realtà, senza curarti di acquistare e conservare, padrone del tuo vero Sé.

In quel modo che si può dire vi sia utilità in una cisterna sita in un luogo che sia da ogni parte inondato dalle acque, in questo stesso modo vi può essere utilità in tutti i Veda per il Brahmano che è in grado di intendere.
Tu hai un diritto particolare o privilegio relativo alla condizione umana all'azione, ma in nessun caso un diritto ai suoi frutti; non essere come uno che dipende dal frutto del karma; e non sia in te neanche attaccamento alcuno alla non-azione.
Ben saldo nello Yoga, compi le opere tue, o possessore della ricchezza, dopo aver messo da parte l'attaccamento, con la stessa disposizione d'animo rimanendo, nel successo e nella sconfitta: la mente in equilibrio continuo di indifferenza, ha il nome di yoga.

Di gran lunga inferiore è il puro e semplice agire all'equilibrio dell'intelletto aggiogato, o possessore della ricchezza; nell'intelletto cerca rifugio; tali da destare pietà son coloro che vanno alla ricerca del frutto del loro agire.

Colui che ha raggiunto l'equilibrio dell'intelligenza aggiogata elimina anche in questo mondo tutti e due, il bene e il male. Lotta dunque per realizzare lo yoga; lo yoga è abilità nell'agire.
I saggi che, rinunciando al frutto, prodotto dal loro agire, realizzano l'unione del loro spirito con l'essenza divina del mondo, dal legame delle nascite liberati, raggiungono una condizione stabile o dimora al di là di ogni male.

Allorché il tuo intelletto attraverserà la pienezza della delusione, allora appunto perverrai al disgusto per ciò che deve essere udito e per ciò che è stato udito.

Allorchè il tuo intelletto, che è disorientato dalla sruti, si ergerà fermo ed immoto nella somma coscienza, allora appunto raggiungerai lo yoga.
(Bhagavad Gita - cap. Teoria Samkhya)